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Calabria: Anima Bizantina

L’anima calabrese ha qualcosa della meticolosità bizantina, la cura dei particolari, la capacità di scorgere l’universo nel dettaglio e di rappresentarlo.

Come i famosi mosaici bizantini nascono dalla straordinaria visione d’insieme, che emerge da minute tessere prive di apparente valore e forma, – così la chiesa e le comunità delle origini in Calabria erano, per gli ortodossi, il corpo mistico di Cristo che emergeva da molteplici vite senza apparente valore, il cui lavoro paziente e nascosto erigeva il mondo moderno in cui abitiamo, oltre che la straordinaria carità e solidarietà dei Calabresi, quasi un’apparenza del volto cristiano (misericordioso e al tempo stesso umile).

Il minuto e secolare lavoro dei monaci basiliani, cioè i religiosi greci fuggiti in Calabria dalle terre di Siria e Cappadocia invase dagli Arabi, verso il 7° e 8° secolo, ha visto molte ignote anime dedicarsi a dissodare terreni, istruire nella lingua greco-bizantina molteplici folle di contadini dell’epoca con le scoperte tecniche e scientifiche dell’epoca ellenistica, ricopiare i vangeli in minuti codici preziosamente miniati, assistere i poveri, fondare i primi ospedali, avviare alla professione medica i laici più capaci, portare le antiche tradizioni erboristiche di Alessandria d’Egitto, gli antichi testi dei filosofi greci ormai dimenticati in occidente, iniziare le prime industrie artigianali, curare e abbellire i primi centri cittadini.

L’Universo in un dettaglio musivo

La cultura di Constantinopoli, impero per mille anni ancora dopo la caduta dell’impero d’occidente, creò una seconda sponda in occidente nelle regioni dell’Italia meridionale. Dalla “Nuova Roma”, destinata a diventare Instanbul nel 1453, dopo la conquista ottomana, arrivava una formidabile civiltà, abituata al lavoro instancabile, alle fini dispute teologiche, alle diatribe continue per la distribuzione e la conquista del potere.

Visione d’insieme (Cristo il Pantocrator, Monreale, Palermo)

E arrivò insieme ai monaci la cultura proto-democratica del lavoro in comune, delle fatiche minuziose tramite cui era fiorita la scienza ellenistica. Un trionfo della vita di comunità che lasciò tracce, non solo nell’architettura, votata alle riunioni ecclesiali, nei bei mosaici, nelle piante delle chiese a croce greca o nei dolci e nel vestiario, – ma anche nel senso di bellezza, che in modo naturale ed innato, appartiene alla “filoxenia” dei calabresi (letteralmente al loro “amore per lo straniero”, che si esprime nell’amicizia immediate verso il “forestiero”, l’ospite, il povero, lo svantaggiato).

RISCOPERTA ARCHEOLOGICA DEL PASSATO BIZANTINO DELLA CALABRIA

Verso la fine dell’800 Paolo Orsi, l’archeologo di Rovereto, nominato dal Regno D’Italia quale sovrintendente del patrimonio archeologico di Sicilia e Calabria, ha lasciato molte memorie nel suo volume “Le Chiese Basiliane della Calabria” sulla bellezza della cultura bizantina in Calabria.

Ricostruzione di Constantinopoli

I punti di irradiazione della bellezza bizantina in Calabria sono Reggio Calabria, Stilo e Caulonia.

La famosa chiesa bizantina “Cattolica” di Stilo ne è l’esempio maggiore.

Scoprire la Calabria bizantina è un itinerario tra storia, arte e natura, un viaggio alla scoperta delle tante eredità greco-ortodosse in Calabria, da nord a sud della regione, un sentiero mistico e sensoriale al tempo stesso attraverso una delle tre anime del mondo mediterraneo (questa è quella greco-bizantina, le altre due sono quella araba e quella latina, naturalmente).

La storia della Calabria bizantina è quella dei siti civili e culturali che hanno svolto la cosiddetta “seconda colonizzazione greca”, con notevoli effetti dal punto di vista architettonico, artistico, linguistico, paesaggistico ed etnico nel senso più ampio. Nella gente calabrese avviene infatti l’affascinante commistione di geni bruzi, greci, romani, arabi ed ebrei, oltre che la genesi di un lascito unico di tradizioni, riti, dialetti e costumi magicamente incrociati.

Paolo Orsi

Esistono tre tappe imperdibili alla scoperta di alcune tra le più belle chiese bizantine in Calabria e i monasteri più conservati.

La prima è Rossano (nel circondario di Cosenza), con l’Abbazia di Santa Maria del Patire. Tra il verde del Parco Nazionale della Sila e il blu del Mar Ionio, dal VI all’XI secolo Rossano fu uno dei siti bizantini in Calabria più strategici per l’impero greco-ortodosso.

Abbazia di Santa Maria del Patire (Rossano)

Il monaco Bartolomeo di Simeri la fondò nel 1095, poi l’abbazia fu tra i più rilevanti monasteri bizantini in Calabria.

Tappeto musivo dell’abbazia

L’attuale chiesa è ancora arricchita dall’antico tappeto musivo del pavimento, che raffigura animali reali e mitologici, dal crocifisso ligneo del ‘600 e dall’effigie della Madonna del Patire.

Il codex con alcune miniature dai vividi colori

Sempre a Rossano, presso il Museo Diocesano del Codex è custodita una delle più preziose eredità bizantine in Calabria: il Codex Purpureus Rossanensis, ovvero l’evangeliario greco miniato risalente al VI secolo che raccoglie, in 188 fogli di finissima pergamena purpurea, i vangeli di Matteo e Marco, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Il codice è impreziosito da 14 miniature dalla particolare e rara colorazione purpurea, prerogativa degli imperatori bizantini, accompagnate da cartigli descrittivi che illustrano i momenti più significativi della vita e della predicazione di Gesù.

Un secondo importante sito è a Santa Severina, nel territorio di Crotone, con il suo Battistero dell’VIII secolo (unico esempio di Battistero a croce greca in Italia). E già da tempo il borgo medievale di Santa Severina è parte del club “I Borghi più Belli d’Italia”. Altro monumento bizantino è qui la Chiesa di Santa Filomena, anche detta del Pozzoleo.

Battistero di Santa Severina

La terza tappa è una diade di città: Stilo e Bivongi. A Stilo si trova la bellissima chiesa nota come “La Cattolica”, mentre a Bivongi si trova San Giovanni Théristis, un monastero.

I due borghi nel territorio di Reggio Calabria ospitano, lungo il corso del fiume Stilaro, ai piedi del Monte Consolino, da un lato le meraviglie del Monastero di San Giovanni Théristis (il cui stile è evidente all’esterno della basilica che ne fa parte, costruita in pietra concia e cotto, e negli affreschi interni), dall’altro a Stilo, città ideale del filosofo Tommaso Campanella, il gioiello simbolo dell’arte e dell’architettura bizantina della Calabria che è la Cattolica.

La Cattolica di Stilo

La quale presenta la tipica pianta a croce greca mutuata dall’archetipo della Chiesa dei Santi Apostoli a Constantinopoli.

San Giovanni Théristis, il monastero

La chiesetta risale al X secolo ed è sormontata da cinque cupole cilindriche, che custodiscono affreschi e iscrizioni.

Rappresentazione della Basilica dei Santi Apostoli (musei vaticani)

I BIZANTINI E I MONACI DI SAN BASILIO MAGNO

Veicolo di questo nuovo germe di cultura Egea furono personaggi umili, guidati da una spiritualità intensa, che avevano scelto la via dell’isolamento e della penitenza per sentirsi vicini all’unico Dio che veneravano: erano i monaci basiliani.

Una veduta della Cappadocia

Per questi mistici (provenienti dalla Cappadocia e in fuga sotto la spinta islamica), che cercavano luoghi solitari e lontani dalle tentazioni umane, i deserti punteggiati di verde della Calabria furono quanto di meglio potessero aspettarsi dopo le lunghe peregrinazioni da una costa all’altra del Mediterraneo.

Le migrazioni maggiori si ebbero intorno al VII sec. d.C. In cinque secoli la regione si popola di anacoreti, di monaci in ogni angolo sperduto del suo territorio. Tra dirupi scoscesi e grovigli arborei nascono eremi, cenobi, monasteri, ma anche minuscole “Laure” (Λαύρα in greco, in cirillico Ла́вра, è, nel cristianesimo orientale, un insediamento monastico di dimensioni ridotte). Anche le Vallate dello Stilaro e  dell’Allaro l’area compresa tra i fiumi Assi, Stilaro, Allaro, non rimase fuori da questa migrazione. Fu costellata di eremi e di cenobi costituenti il complesso monastico di Stilo.

Un Monaco Basiliano (Padre Vladimir)

La Vallate si trovano in provincia di Reggio Calabria, a 15 km dal mare e a 15 km dalle Serre Calabre. Non è solo la culla della cultura bizantina e dell’ascetismo orientale, ma è anche ricchezza inesauribile di natura incontaminata e primitiva. È altresì la culla della prima industrializzazione meridionale (per la moderna archeologia industriale).

Valle dello Stilaro

STORIA DELLA PENETRAZIONE BIZANTINA

Nel 410 A.C. la Calabria fu percorsa dai Visigoti il cui re Alarico, secondo la tradizione, morì presso Cosenza e fu sepolto in una tomba scavata nel letto del Busento. Solo dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente (476), la Calabria, unitamente al Mezzogiorno d’Italia, cadde sotto la dominazione bizantina, nominale ed in certi periodi effettiva. Infatti, dopo che Teodorico, re degli Ostrogoti, impose la sua sovranità in Calabria, alla sua morte (526), i Bizantini strapparono ai suoi successori la Calabria e quindi tutta l’Italia (guerra gotica, 535/553). I Longobardi conquistarono la parte settentrionale della Regione costituendo un gastaldato (unità politica longobarda) con sede a Cosenza, in seno al ducato di Benevento e poi al principato di Salerno (847). Gli Arabi, che già si erano insediati in Sicilia nel IX sec., arrecarono, invece, con le loro incursioni notevoli danni alla Calabria giungendo anche all’interno e riuscirono a costituire un emirato ad Amantea (784/884).

I Bizantini, nell’885, scacciarono Longobardi e Arabi ridando l’unità amministrativa alla regione che, in questo periodo, prese il nome di Calabria (con cui nell’età classica era stata denominata la penisola salentina); al <<tema>> (suddivisione territoriale di tipo politico) di Calabria venne proposto uno stratega. La riconquista bizantina impresse nuovamente alla Calabria i segni dell’ellenismo, grazie anche all’azione religiosa dei monaci basiliani che, espulsi dalla Sicilia dagli invasori arabi, riuscirono a riconvertire le derelitte popolazioni locali e i demoralizzati profughi greci dall’isola in una comunità ordinata ricreando, dopo circa dieci secoli, una società di tipo greco in Italia meridionale.

San Nilo di Rossano e i suoi compagni emularono gli antichi pionieri greci nel diffondere la loro cultura nel mediterraneo occidentale, dando perfino un modello al monachesimo italiano nel Monastero di Grottaferrata (1004).

Tuttavia, a causa dell’eccessivo fiscalismo, il dominio bizantino non rappresenta un periodo felice per la Calabria; decadde l’agricoltura e si estese il latifondo; si aggiunga che la malaria, debellata solo nel 945, e le continue incursioni di pirati saraceni allontanarono ulteriormente gli abitanti dalla costa verso le più sicure località dell’interno.

Il dominio dei Bizantini durò oltre mezzo millennio, dalla guerra gotica (535-553) fino all’avvento dei Normanni nell’XI secolo.

RELIQUIE BIZANTINE IN ALTRI LUOGHI CALABRESI

Gli altri paesi che racchiudono l’arte, la storia, la cultura e la natura della nostra “Calabria Bizantina” sono Monasterace, Caulonia, Stilo, Pazzano, Riace, Guardavalle, Santa Caterina dello Jonio, Badolato.

Arte delle icone bizantine (Angelo Custode)

Innanzitutto, Caulonia, l’antica Kaulon, una città della Magna Grecia (di origini anche Achee in realtà), che fa parte ormai dell’attuale Monasterace.

Si deve segnalare anche Reggio Calabria, che città più antica della Calabria greca. Per la sua posizione strategica a controllo dello Stretto fu un importante centro economico e culturale sotto l’impero bizantino (VI-X secolo). La Chiesa degli Ottimati a Reggio è una piccola struttura a pianta quadrata con tre absidi e tre navate risalente al X secolo, fu ricostruita in stile arabo-normanno con richiami alla matrice bizantina e analogie architettoniche con la Cattolica di Stilo. Nella chiesa è stato ricomposto l’antico mosaico pavimentale in stile bizantino, un opus tessellatum, che è una tecnica di ornamentazione dei pavimenti che consiste nell’assemblaggio di piccoli frammenti multicolori, costituiti di tessere di marmo, pietra, pasta di vetro, ceramica o altri materiali duri.

Sempre a Reggio, il Castello di Santo Niceto (con spettacolare vista sulla Sicilia) è l’unico esempio di fortezza bizantina dell’Italia meridionale che si sia conservata in buono stato. In prossimità dell’ingresso sono visibili due torri quadrate e ai piedi della breve salita che conduce al portale del castello vi è una chiesetta, munita di una cupola affrescata con un dipinto del Cristo Pantocratore, soggetto tipico dell’arte bizantina.

Castello di Santo Niceto (Sicilia sullo sfondo)

A Paola, principalmente conosciuta per aver dato i natali a San Francesco di Paola, si segnala la Chiesa di Sotterra, la quale è una chiesa ipogea di origini bizantine costruita tra il IX e il X. La parte più importante della chiesa è costituita dagli affreschi del VII sec. d.C., di diretta derivazione dagli stilemi bizantini.

D’altro lato, San Demetrio Corone, sul versante orientale della Sila Greca, da cui si ha la visione del massiccio del Pollino, è tra i centri culturali più importanti delle comunità albanesi d’Italia e conserva la lingua albanese e il rito bizantino. Presenta un’Abbazia di Sant’Adriano, con un meraviglioso pavimento del XII secolo, formato da motivi zoomorfi e realizzato parte in opus sectile (una delle tecniche di ornamentazione marmorea più raffinate) e parte in mosaico. Composto da tessere di marmo e pietre locali, ha uno straordinario effetto di policromia che lo rende simile a un tappeto orientale.

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Decorazioni di borgo: Murales di Diamante

Diamante è riuscito a conservare, per decenni, intatto nel tempo il suo fascino antico di paese di pescatori.

In più, è meta di artisti e turisti. I suoi cinquemila abitanti in provincia di Cosenza accolgono ogni estate più turisti che residenti. Chi sceglie di trascorrervi le vacanze, è subito circondato dal profumo del mare e viziato dalle delizie della cucina locale. Il Peperoncino Rosso (piccantissimo) per primo.

Ma soprattutto, il borgo è finemente decorato. Un esempio felice di integrazione tra arte, muratura, stile di vita vernacolare e natura. Il tutto rende questo paesino calabrese un luogo davvero unico e speciale.

Al momento, centinaia di murales già decorano le mura delle case del centro storico e altri se ne depositano, anno dopo anno,

come uno stillicidio di arte e bellezza, raccontando una storia lunga quasi quarant’anni.

DIAMANTE E GLI ARTISTI DEI MURALES

Il primo artista a inaugurare il connubio tra arte e architettura di borgo fu nel 1981, Nani Razzetti, un pittore milanese.

 Il suo progetto fu quello di fare del borgo un museo a cielo aperto.

Un’intuizione approvata e sostenuta dal sindaco di allora, Evasio Pascale, che attirò oltre 80 artisti, italiani e stranieri.

Essi arrivarono a Diamante, ricoprendo mura, scale, facciate e ogni superficie utile di immagini, scene e citazioni. Il tutto per rappresentare la storia del borgo calabrese e dell’intera regione calabrese.

UNA CARRELLATA DI IMMAGINI

Oggigiorno, un caleidoscopio di immagini, in ogni vicolo, racconta di pescatori di ritorno dal mare, di padri e figli intenti a sistemare le reti, di re e castelli, di visi colorati di bimbi,

di molteplici macchie di luce e colore composte in disegni astratti e immaginifici. Il tutto donato per sempre alle mura del borgo.

Mentre il turista o il residente cammina per Diamante, può leggere una storia fatta di persone, vedere scene di vita quotidiana, leggere di eventi e tradizioni.

E rendersi conto che il progetto ha valorizzato il borgo e ne ha combattuto lo spopolamento. Sia impreziosendo le case sia aumentando anno dopo anno il valore e richiamo turistico degli immobili.

La galleria d’arte urbana a cielo aperto di Diamante ha, oggi, più di 300 murales all’attivo ed è persino richiamata e citata dalla nota Associazione Italiana dei Paesi Dipinti.

Quest’ultima è stata fondata a Roma nel 1994 e collega Diamante a tutti borghi e alle cittadine, che possiedono e promuovono un patrimonio artistico e pittorico realizzato sui muri esterni delle abitazioni.

L’ARTE CONTRO L’ABBANDONO DEI BORGHI

Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo… questo è del tutto vero nel caso dei murales di Diamante.

Infatti, il richiamo iniziale della bellezza artistica pubblicizza anche questa terra, la riviera dei cedri e del peperoncino. Dal 1981 i colori, la fantasia e le parole hanno sempre più attirato un nutrito pubblico di persone, che da tutta Italia hanno acquistato una casa-vacanza a Diamante.

I murales, quindi, non sono solo uno spettacolo unico che stupisce coloro che si trovano a camminare per le strade della cittadina, – inevitabilmente il turismo nazionale e internazionale scopre la Riviera dei Cedri, cioè quel tratto di terra in Calabria, che va sul mar Tirreno da San Nicola Arcella ad Amantea.

Inoltre, non solo agrumi, ma anche formaggi, salumi e il Peperoncino (uno dei prodotti locali più conosciuti a cui è dedicato il locale “Peperoncino Festival”.).

Qui sorge una nota accademia del peperoncino frequentato da personaggi di livello internazionale.

Dunque, non solo, spiagge, case di pescatori e panorami suggestivi, ma anche meta affascinante e tutta da scoprire.

La bellezza ha fatto il resto. Tra i più noti il Murales con i pescatori di ritorno dal mare o quello del viso di Cristo o volti un po’ ieratici di bimbi, le barche in secca con le reti stracariche di pesci, il mercato, le favole dell’infanzia, disegni simbolici…

Ma anche la natura aiuta. Il lungomare dal quale affacciarsi, fa rimanere incantati dalla bellezza dei fondali cristallini.

Vi sono otto chilometri di spiaggia, case a picco sul mare, vicoli stretti in cui perdersi, scorci mozzafiato. E sullo sfondo la meravigliosa isola di Cirella.