Categorie
Cultura Enogastronomia

La lestopitta di Bova

Il luogo è Bova, Calabria. E qui non stupitevi se riceverete un invito a pranzo dalla gente del posto… C’è una “lestopitta” (pane azzimo alla greca), sempre pronta per essere farcita in ogni casa.

Sul tavolo dei vostri ospiti troverete la lestopitta, che vuol dire pane sottile, dal greco Λεπτός (leptòs), sottile e πίτα (pita), pane; anche se per errore qualcun osserverà che si tratti di un “pane veloce”, in realtà, pur essendo molto semplice la preparazione, essa richiede tempi di processazione piuttosto lunghi.

Se venite da Bologna e vi fermate nel paesino di Bova per turismo, potreste dire che ricorda in qualche modo la piadina, ma in realtà la cottura è del tutto diversa. Forse somiglia allo gnocco emiliano, un impasto  fritto che contiene lievito e farina bianca. Tuttavia, la lestopitta è diversa, contiene acqua, farina, olio e sale, niente lievito e, appena preparata, è persino calda e croccante…Poi, però, raffreddandosi si ammorbidisce.

Bova superiore

A quel punto i vostri gentili ospiti di Bova, la arrotoleranno davanti e con la tipica gentilezza dei calabresi la farciranno con qualsiasi vegetale fritto o arrostito, affettato e persino trippa.

STORIA

L’origine greca della lestopitta è corroborata dal fatto che è un saldo retaggio della tradizione culinaria di Bova Superiore, un tipico paese “grecanico” (di origini e dialetto ancora tipicamente greco, anzi “greco antico”). Ciò fa sì che, in una prima comparazione tra Piadina Romagnola e la Lestopitta grecanica, sarà subito chiaro che entrambe siano tipiche focacce mediterranee non lievitate, molto probabilmente consumate in sostituzione del pane. Ma a un più attento esame, la comparsa del pane lievitato di Bova si farà risalire al IV secolo a.C.

Farcitura della lestopitta

Bova, infatti, è un paese dell’Aspromonte che sfiora i 1000 metri, non solo ricco di storia più che bimillenaria, ma oggi anche teatro di iniziative turistiche geniali come il magnifico museo all’aperto dedicato alla civiltà contadina grecanica. Bova deriva direttamente il suo nome dal greco antico; è Chòra tu Vùa nella sua denominazione in lingua grecanica. E’ quindi, ancora oggi la capitale culturale della minoranza grecofona della Bovesìa, una meravigliosa cittadina nel Parco nazionale dell’Aspromonte inserita nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, dove la lestopitta aggiunge fascino e storia ad un’area dove si parla greco…(nel dialetto). Cioè una tra le più antiche zone della provincia di Reggio Calabria.

PREPARAZIONE

Ingredienti della lestopitta:

  1. Un cucchiaio di olio extra vergine di oliva.
  2. Un cucchiaino di sale.
  3. 200 g di semola di grano duro.
  4. 100 ml di acqua tiepida.
  5. Base per la frittura: Olio extra vergine di oliva o di semi di girasole.
Variazioni sul tema

Processo di cottura:

  1. Impastare a lungo e con forza gli ingredienti.
  2. Ottenere una palla liscia e compatta.
  3. Coprirla con un tovagliolo.
  4. Lasciarla riposare almeno un’ora.
  5. Dividere l’impasto in quattro pezzi.
  6. Schiacciarli leggermente con le mani.
  7. Incamerare aria all’interno di ogni impasto.
  8. Coprire e lasciare nuovamente riposare almeno un’ora.
  9. Friggere in abbondante olio, in una padella, una sottile sfoglia ricavata dalle palline di impasto.
  10. Immergere, durante la frittura,  nell’olio le sfoglie ottenute (l’impasto si gonfierà).
  11. Farcire alternativamente con salumi, formaggi e sott’oli di Calabria, parmigiana, salsiccia, peperoni, patate, peperoncini e chi più ne ha più ne metta; infatti, al suo interno si può trovare un tipico morzeddu catanzarese (misto di trippa e sugo piccante, aromatizzato all’origano)
  12. Arrotolarla.
Ultima fase: rotolo di lestopitta

La lavorazione è comunque laboriosa, l’impasto deve essere morbido e non appiccicoso, con un giusto equilibrio di acqua e farina, stendendolo con un mattarello fino a creare una circonferenza sottile.

Categorie
Cultura Enogastronomia

Straordinario Bergamotto

DOMANDA: Di quale frutto parliamo oggi?

Il NOME SCIENTIFICO è Citrus Bergamia Risso, della FAMIGLIA delle Rutaceae. È coltivato in CALABRIA dalla metà del Settecento. La PIANTA è un ben strano albero da frutto; infatti, produce esperidi troppo amari per poter costituire, crudi o cotti, un alimento abituale, e la sua importanza economica deriva quasi esclusivamente dall’essenza.

RISPOSTA: È il bergamotto!

ORIGINI

L’origine è ignota e la collocazione botanica controversa (uno dei tanti ibridi di agrumi secondo alcuni, una mutazione del melangolo o della limetta secondo altri… ma intanto ha raggiunto lo status di specie); l’Italia, tramite la Calabria, ne ha pressoché il monopolio mondiale. Più dell’80% della produzione di bergamotti arriva infatti dal basso Ionio reggino: un arco costiero che va da Scilla a Monasterace, passando per località quali, tra le altre, Villa San Giovanni, Melito di Porto Salvo, Bova, Branca leone, Piati, Gerace, Siderno, Gioiosa e Roccella Ionica, Riace.

Brancaleone, costa del bergamotto

Pare che qui, all’estrema punta dello Stivale (Melito è il comune più a sud dell’Italia peninsulare), la pianta fosse nota già nel Cinquecento, ma il primo impianto specializzato di cui esista documentazione risale al 1750 sul litorale di Reggio Calabria. Il nome, probabilmente dal turco begarmundi (“pera del signore”), farebbe propendere per una provenienza dall’Asia minore; più numerose del solito le leggende sul tema, compresa la fantasiosa ipotesi di un’origine bergamasca. Ma non è escluso si tratti di un ecotipo sviluppatosi in loco.

Fiore ermafordita di bergamotto

È un albero alto tre-quattro metri, con rami nei quali talvolta si riscontrano spine rudimentali all’ascella delle foglie, lucide e coriacee. I numerosi fiori, ermafroditi, per lo più raggruppati in racemi, sono bianchi e molto odorosi. Il frutto, un po’ più grande di un’arancia, di colore dal verde al giallo secondo il grado di maturazione, ha buccia dal profumo floreale, fresco e penetrante, ricchissima di oli essenziali. La polpa, suddivisa in un numero di spicchi variabile da 12 a 15, con pochi semi, fornisce un succo molto acido e amaro.

Bucce dalla fragranza floreale

ESIGENZE PEDOCLIMATICHE

Sole per 300 giorni l’anno, estati calde senza pioggia, inverni miti, inizio primavera e fine autunno molto piovosi: è il quadro climatico del Sud della Calabria affacciato sullo Ionio, evidentemente ideale per la coltivazione. Il bergamotto sopporta bene il caldo, non l’eccessiva o scarsa piovosità e gli sbalzi in basso della temperatura: sotto i 10 °C lo sviluppo si arresta e, se giovane, la pianta muore. Quanto ai suoli, predilige quelli di medio impasto, profondi, fertili e ben drenati, con pH tra 6,5 e 7,5.

Terroir del bergamotto

INDICAZIONI COLTURALI

La pianta da coltivare si ricava tramite innesto su arancio amaro (melangolo) o trifogliato (ponciro). Ha una vita produttiva media di 25 anni: comincia a fruttificare a 3, tocca il massimo a 8. Necessita di acqua, oltre che nei primi anni di crescita, in primavera e in autunno: ma sulla costa ionica bastano le piogge stagionali, sicché l’irrigazione si rende necessaria solo nelle estati molto siccitose. Come e più di sempre, vanno evitati ristagni idrici, pena la marcescenza dell’apparato radicale.

Scorze profumate

STAGIONALITÀ

Sulla costa calabrese i bergamotti si raccolgono tra novembre e gennaio.

IN GIARDINO O IN VASO

Negli impianti commerciali i bergamotti trascorrono il primo anno di vita in vaso (dove, se coltivati a livello amatoriale nelle regioni appenniniche interne o al Nord, devono rimanere), poi vengono interrati in posizione il più possibile assolata e luminosa, a 4-5 metri di distanza l’uno dall’altro. Per ripararli dai forti venti che soffiano dallo Stretto tutto l’anno, nel Reggino si impiantano fitti e alti filari di pino sul lato verso il mare.

Raccolta di frutti di prima maturazione

PROPRIETÀ NUTRITIVE

Come tutti gli agrumi, il frutto contiene quantità elevate di vitamine (C, A, B), sali minerali, poli- fenoli e altri elementi antiossidanti. Se si riesce a berlo, il succo si rivela dissetante, tonificante, eupeptico. Nella medicina popolare la buccia era usata per combattere le malattie respiratorie e per le sue proprietà analgesiche, cicatrizzanti, antisettiche, battericide, vermifughe. Secondo recenti studi, anzi, l’estratto sarebbe in grado di tenere a bada il colesterolo “cattivo” e di aumentate quello “buono”.

CONSERVAZIONE

Le regole sono praticamente superflue, essendo il bergamotto fresco una rarità: nel caso « ne venga in possesso, è consigliabile tenerlo non in frigorifero ma in un posto fresco (temperatura ideale 8-10 °C). asciutto e buio.

Un verde inconfondibile

USI

Il bergamotto non arriva quasi mai in tavola, anche perché al dettaglio si può acquistare sporadicamente, solo dai produttori che ne trattengono alcuni per l’autoconsumo, vendendo il grosso del raccolto all’industria per la trasformazione in essenza.

I curiosi possono sperimentarlo in spremute, a spicchi in insalate, come condimento di carni e pesci – al posto del limone -, correttivo di bevande (alcune note miscele di te nero sono aromatizzate al bergamotto), scorza con cui decorare i cocktail. I tentativi di incoraggiarne il consumo fresco pare abbiano avuto qualche successo nelle “gelaterie all’italiana” di vari Paesi del mondo.

Liquore di bergamotto

L’impiego principale riguarda le essenze estratte dalla buccia, ma anche dai fiori, dalle foglie e dai rami più giovani. Ottenuto per spremitura meccanica, con macchine pelatrici definite da secoli “calabresi”, l’olio essenziale di bergamotto è un prodotto prezioso: per ricavarne un chilo occorrono due quintali di frutti. Quello lavorato sulla costa ionica reggina, cui è stata riconosciuta la DOP (denominazione d’origine progetta), è esportato in tutto il mondo. La destinazione principale, e più antica, è I’industria dei profumi, come componente di acque di colonia e di toilette, alle quali conferisce, fissandone il bouquet aromatico, una nota fresca e agrumata ritenuta talvolta imprescindibile, ne ricavano anche farmaci e rimedi fitoterapeutici.

Essenza di bergamotto

Prodotti complementari dell’olio essenziale sono il neroli (distillato dei fiori, per saponi e creme idratanti) e il petit-grain (distillato di rametti e foglie, per profumi e schiume da bagno). Applicazioni vagamente gastronomiche hanno gli aromi estratti dalla scorza, usati in liquoreria e confetteria, talvolta anche per “condire” bevande, dolci da forno, paste, oli di oliva.

ESCLUSIVA ITALIANA E CALABRESE

Nella produzione mondiale la Calabria è seguita a grande distanza da alcuni Stati americani sudoccidentali (California, Arizona, Nevada) e da Brasile, Argentina, Israele. Ma in Calabria i bergamotti sono diversi da quelli coltivati in quei territori, perché in questa regione crescono da secoli lungo un’ottantina di chilometri della riviera ionica.

Earl Gray Tea aromatizzato al bergamotto

Dalla scorza dei frutti stranieri, che ha un tenore di oli certamente inferiore, si ricava un’essenza meno pregiata, – rinforzata” nei profumi scadenti con ulteriori sostanze di sintesi. Le lobby dell’industria chimica europea hanno tentato di moltiplicare il loro business, proponendosi di abbattere la concentrazione per legge degli oli essenziali dal 12 allo 0,1%, il che avrebbe favorito i frutti esteri e significato la fine del prodotto DOP di Reggio Calabria. Per fortuna le grandi case profumiere – Chanel, Dior, Guerlain – si sono schierate con il consorzio calabrese: sventato l’attacco, dalla vicenda si è avuta per certi aspetti la conferma che il “vero” bergamotto è un agrume solo italiano, anzi un’esclusiva calabrese.

UNA COSTA PROFUMATA

Il litorale reggino bagnato dal Mar Ionio è spesso chiamato Riviera dei Gelsomini, termine che include la denominazione geografica di Locride. Il territorio tramanda la memoria di una produzione fiorente come quella del bergamotto. Infatti, in tutta la provincia di Reggio Calabria, soprattutto lungo la fascia costiera tra Punta Stilo (comune di Monasterace) e Capo Spartivento (comune di Palizzi), dagli anni Venti alla metà del secolo scorso si coltivavano su larga scala sia i bergamotti che i gelsomini, questi ultimi belle piante rampicanti di origine caucasica, i cui fiori erano destinati in prevalenza all’industria profumiera (evidentemente la vocazione “odorosa” dell’area non è limitata al bergamotto!).

Marmellata di bergamotto

Alla raccolta, manuale, erano addette quasi solo donne e bambine (le gelsominaie), il prodotto era lavorato in loco e l’essenza, insieme a quella del bergamotto, esportata in mezzo mondo, soprattutto in Francia, costituendo un’importante fonte di reddito per gli abitanti. Un’attività praticamente scomparsa, anche se in alcuni paesi della zona si incontrano ancora alcuni laboratori dove si estrae ancora l’olio dai petali dei gelsomini.

CULTIVAR CALABRESI

Fantastico

CARATTERISTICHE: è la varietà più coltivata sui 1500 ettari del territorio rivierasco calabrese piantato a Bergamotto, coprendo il 75% della produzione. È un frutto medio-grande, piriforme, ricchissimo d’oli essenziali.

MATURAZIONE: novembre-gennaio

Femminello

CARATTERISTICHE: Esile albero a crescita rapida, più produttivo di altri ma poco longevo, con esigenze termiche e idriche relativamente elevate. Frutto sferico medio-piccolo a buccia liscia

MATURAZIONE Novembre-gennaio

Castagnaro

CARATTERISTICHE: Varietà molto vigorosa e longeva, resistente al vento, caratterizzata da una forte alternanza produttiva. Frutto grosso e rugoso

MATURAZIONE Novembre-gennaio